mercoledì 20 marzo 2013

RainbowBath



Rainbow bath DESIGN: A.C. RENDER: IdeaProgetto
Rainbow bath DESIGN: A.C. RENDER: IdeaProgetto
Rainbow bath DESIGN: A.C. RENDER: IdeaProgetto
Rainbow bath DESIGN: A.C. RENDER: IdeaProgetto
Rainbow bath DESIGN: A.C. RENDER: IdeaProgetto
Rainbow bath DESIGN: A.C. RENDER: IdeaProgetto
Rainbow bath DESIGN: A.C. RENDER: IdeaProgetto
Rainbow bath DESIGN: A.C. RENDER: IdeaProgetto
29 rainbow colored glass sheets of 19mm thickness cover the transparent synthetic-made RainbowBath. In this proposal the bathtub - usually opaque - is reinterpreted as a transparent object. The preliminary design proposed a standard-size squared transparent tub with bottom in reflective metal and tapered on long sides. Even with the use of transparent and reflecting materials the design did not reach the desired visual effect, so I asked myself: how can I enhance the perception of light? Like drops diffract and refract light creating the rainbow spectrum, the colored glass sheets aim to recall the same phenomenon in the domestic environment. RainbowBath is flexible, glass sheets colors can be selected according to the needs and sensitivity of each customer. RainbowBath is a customizable design object where different color combinations can be used to create a relaxed or energized atmosphere in synergy with natural and artificial lighting.
Furthermore, according to chromotherapy colors can be used to foster mind-body energy balance with physiological and psychological stimulating effects.

Grazie a Gabriella e Berardo per la traduzione

29 lastre di vetro, dello spessore di 19 mm, dei colori dell’arcobaleno fanno da cover alla vasca in materiale sintetico trasparente della RainbowBath.
L’idea della vasca da bagno in vetro è nata dal fatto di voler elaborare per questo concorso un prodotto che solitamente non è trasparente. La prima bozza prevedeva una vasca rettangolare trasparente dalle misure standard, con la conca sagomata in metallo specchiato aperta nei lati lunghi. Questa, anche se trasparente non esaltava la luce che la attraversava, facendomi porre la domanda, cosa esalta la luce? I colori enfatizzano la radiazione luminosa, e proprio come le gocce d’acqua disperdono e rifrazionano i raggi luminosi creando il fenomeno ottico dell’arcobaleno, le lastre di vetro pensate colorate riproducono un simile effetto nel proprio bagno di casa.
La RainbowBath è versatile, perché le lastre possono essere colorate seguendo i gusti e le diverse esigenze dell’acquirente divenendo un manufatto unico e personale.
In ultimo secondo la cromoterapia, i colori aiuterebbero il corpo e la psiche a ritrovare il loro naturale equilibrio, e avrebbero effetti fisici e psichici in grado di stimolare il corpo e calmare alcuni sintomi.

mercoledì 6 marzo 2013

Immagini Render in alta qualità

Render Idea Progetto. File nativo 126 MB. Risoluzione 7660 x 4320. Profondità 32 bit. Risoluzione Verticale/Orizontale 1016 dpi. File 126 MB.
 

venerdì 9 novembre 2012

Panton chair – Opera d’arte


La sentenza del 13 settembre 2012 che il Tribunale di Milano ha emesso per il caso Panton Chair, la celebre sedia progettata da Vener Panton alla fine degli anni cinquanta e prodotta dall'azienda svizzero-tedesca Vitra (difesa dallo studio legale Trevisan & Cuonzo che ha sede a Milano, Roma, Parma e Bari), rappresenta un importante traguardo in materia di diritto d'autore applicato all'industrial design. I giudici hanno infatti definito i criteri per distinguere, nella massa di prodotti di design, quei «gioielli» che meritano di essere protetti come opere d'arte applicata.

La sentenza è consultabile all'indirizzo:


La prima, nella storia del design, realizzata interamente con un unico foglio di plastica (che riprendeva il concetto della Sedia S in compensato nata nel 1955) e che invece di suggerire la sua funzione, tendeva a nasconderla.

La sedia è stata riproposta tale e quale dalla catena High Tech ma di originale non aveva un bel niente. Per questo la copia è stata ritirata dal mercato e l’azienda dovrà risarcire i danni per aver taroccato l’oggetto autentico. I giudici milanesi, nel riconoscere valore artistico alla celebre Panton Chair prodotta da Vitra (difesa dallo studio legale Trevisan & Cuonzo), hanno infatti definito i criteri per distinguere nella massa di prodotti di design quei pochi gioielli che meritano di essere protetti come opere d'arte applicata.

Secondo il Tribunale alla Panton Chair disegnata da Verner Panton «risulta attribuita in maniera unanime una capacità rappresentativa delle tendenze anche artistiche del movimento costitutivo dell'industrial design del dopoguerra». Per il difensore di Vitra, Gabriel Cuonzo, «questa sentenza rappresenta un importante avvicinamento tra il mondo del diritto e quello sempre più liquido e complesso dell'arte contemporanea». Nell'ultimo secolo, a partire dai «ready made» di Duchamp, si sono dissolti i confini tradizionali tra arte e industria ed è essenziale che le imprese dispongano di norme e criteri giuridici per capire quando un determinato elemento d'arredo possa godere della protezione del diritto d'autore date le ricadute economiche che ciò comporta.

domenica 28 ottobre 2012

Le Corbusier maison Dom-Ino


Nato nel 1887, Le Corbusier è stato uno dei pionieri dell'architettura moderna nel XX secolo. Le sue idee influenzano ancora oggi intellettuali e progettisti. Nel 1920 un progetto di fondamentale importanza; che in pochi segni anticipa e sintetizza l’essenza dell’architettura moderna, porterà una svolta nell'architettura ispirando il mondo per secoli a venire. Anche se questa innovazione si applica all’architettura e all’urbanistica, il principio che sta alla base può essere utilizzato per quasi tutti i settori delle arti. Il Dom-ino (Domos-innovazione) è essenzialmente una singola unità modulare che può essere organizzata in svariati modi e che può essere ripetuta per creare insiemi più complessi per molteplici fini.
Disegno della maison Dom-Ino di Le Corbusier
Disegno della maison Dom-Ino di Le Corbusier
Render IdeaProgetto della maison Dom-Ino di Le Corbusier
Render IdeaProgetto della maison Dom-Ino di Le Corbusier, con una bellissima Bentley 4½ Litre del 1929
In queste prime esperienze s’identifica l’origine di un percorso che lo porterà a dare una delle più famose definizione di architettura ovvero “il gioco sapiente, rigoroso e magnifico dei volumi nella luce…le grandi forme primarie sono le più belle perché si leggono chiaramente”, come scriverà trenta anni dopo in Vers une Architecture.
Decisivo per la sua formazione professionale è l’incontro iniziale con l’architetto parigino August Perret, colui il quale sperimenta per la prima volta l’utilizzo di una struttura in calcestruzzo di cemento armato. Le Corbusier, lavorando presso lo studio di Perret, riesce ad approfondire questa tecnica costruttiva, allora innovativa, in grado di portare negli ambienti interni più aria e più luce grazie all’apertura di ampie vetrate.
L’interesse di Le Corbusier per la pratica costruttiva in cemento armato confluisce nella formulazione del progetto per la Maison Dom-Ino. È un sistema strutturale caratterizzato da un’ossatura in cemento armato che consente di articolare le piante e i prospetti dell’edificio in maniera indipendente dalla struttura. Il suo sistema progettuale è improntato dunque su l'uso di sistemi razionali, con moduli e forme molto semplici, secondo i principi del "Funzionalismo". Con questo nuovo sistema si elabora una nuova estetica conosciuta con il nome di “Purismo”. L’uso di forme geometriche semplici, la ricerca dell’essenzialità simile a quella dei prodotti industriali, l’ossessione per il rigore geometrico classico, sono le regole da applicare sia in architettura quanto in pittura e in scultura.
Pubblicato nel 1923, Vers une Architecture è l'opera teorica più importante della prima metà del XX secolo. In essa, Le Corbusier espone i suoi celebri cinque punti alla base del nuovo modo di concepire lo spazio architettonico e di costruire un'abitazione con cemento armato.
  1. Pilotis (piloni) sostituiscono i voluminosi setti in muratura che penetravano fin dentro il terreno, per fungere infine da fondazioni, creando invece dei sostegni molto esili, poggiati su dei plinti, su cui appoggiare poi i solai in calcestruzzo armato. L'edificio è retto così da alti piloni puntiformi, di cemento armato anch'essi, che elevano la costruzione separandola dal terreno e dall'umidità. L'area ora disponibile è utilizzata come giardino, garage o - se in città - per percorrenze stradali.
  2. Il Tetto-giardino (tetto a terrazza) restituisce all'uomo il verde, che non è solo sotto l'edificio ma anche e soprattutto sopra. Tra i giunti delle lastre di copertura è messo il terreno con erba e piante, che hanno una funzione coibente nei confronti dei piani inferiori e rendono lussureggiante e vivibile il tetto, dove si può realizzare anche una piscina. Il tetto giardino è un concetto realizzabile anche grazie all'uso del calcestruzzo armato: questo materiale rende, infatti, possibile la costruzione di solai particolarmente resistenti perché resiste alla cosiddetta trazione, generata dalla flessione delle strutture (gravate del peso proprio e di quanto vi è appoggiato), molto meglio dei precedenti sistemi volti a realizzare piani orizzontali.
  3. La Plan libre (pianta libera) è resa possibile dalla creazione di uno scheletro portante in cemento armato che elimina la funzione delle murature portanti che 'schiavizzavano' la pianta dell'edificio, permettendo all'architetto di costruire l'abitazione in tutta libertà e disponendo le pareti a piacimento.
  4. La Facciata libera è una derivazione anch'essa dello scheletro portante in calcestruzzo armato. Consiste nella libertà di creare facciate non più costituite di murature aventi funzioni strutturali, ma semplicemente da una serie di elementi orizzontali e verticali i cui vuoti possono essere tamponati a piacimento, sia con pareti isolanti sia con infissi trasparenti.
  5. La Fenêtre en longueur (o finestra a nastro) è un'altra grande innovazione permessa dal calcestruzzo armato. La facciata può, infatti, ora essere tagliata in tutta la sua lunghezza da una finestra che ne occupa la superficie desiderata, permettendo una straordinaria illuminazione degli interni e un contatto più diretto con l'esterno.

sabato 27 ottobre 2012

Restaurata la casa capolavoro di Mies van der Rohe



Estratto dall'articolo di Cristiana Chiorino pubblicato su "IL GIORNALE DELL'ARCHITETTURA" ANNO II N. 105 MAGGIO 2012 pag.10


Dopo un lungo travaglio, si è concluso il restauro di villa Tugendhat, condotto con rigore quasi archeologico.
Foto del living di villa Tugendhat con sedute e lastra di onice
Foto del living con sedute e lastra di onice
render IdeaProgetto del living di villa Tugendhat con sedute e lastra di onice
render IdeaProgetto del living con sedute e lastra di onice

BRNO (REPUBBLICA CECA). Il 29 febbraio, come parte della celebrazione della città di Brno per la riapertura della casa Tugendhat, Daniela Hammer-Tugendhat, la figlia più giovane dei proprietari e rappresentante della famiglia, ha consegnato simbolicamente la casa dei genitori al mondo della cultura. L’accessibilità al pubblico e lo scrupoloso restauro della casa sono stati da sempre gli obiettivi della famiglia Tugendhat, che ha rinunciato al suo diritto statuario di restituzione della casa, espropriata dai nazisti tedeschi e poi dai comunisti cecoslovacchi.

Nonostante l’atteggiamento cooperativo della famiglia Tugendhat, il restauro era stato rinviato per anni a causa di battaglie legali tra la città e l’architetto che era stato sconfitto nella gara per l’esecuzione del progetto. Solo lentamente la città si rendeva conto di poter puntare su un gioiello dell’architettura contemporanea tutelato dall’Unesco e capace di attirare circa 20.000 persone l’anno.

Progettata tra il 1928 e il 1930, la casa fu commissionata da Fritz e Grete Tugendhat, una famiglia dell’élite ebrea tedesca di Brno, a Mies van der Rohe, che stava per diventare direttore del Bauhaus di Dessau. La casa unifamiliare ha lasciato un segno indelebile nella storia dell’architettura non soltanto per la sua struttura e la disposizione dello spazio, ma anche per i suoi impianti tecnologi all’epoca assolutamente straordinari, come ad esempio la chiusura automatica delle finestre, un originale impianto d’aria condizionata o una fotocellula alla porta d’ingresso. Un elemento chiave è l’uso di materiali preziosi e la precisione della produzione di tutti gli elementi materiali. Una Gesamtkunstwerk, in cui tutti i mobili e i tessuti sono stati progettati per questa casa.

Distribuita su tre livelli, che sembrano scomparire nel pendio della collina che domina la città, la casa di 2.600 metri quadrati dietro il suo aspetto pulito e funzionale nasconde una vasta gamma di materiali esotici e pregiati, dall’onice marocchino alla seta cinese, ed è caratterizzata dalla presenza di arredamenti progettati su misura da Mies con Lilly Reich, poi diventati icone del design. Dopo l’acquisizione nazista della Cecoslovacchia nel 1938, la famiglia Tugendhat ha dovuto abbandonare la casa. Durante il dopoguerra, fu adibita alle funzioni più svariate per poi avviarsi verso un lento declino. Nel 1980, durante il crepuscolo del regime comunista del paese, un tentativo di restauro ha portato a risultati contrastanti. Riaperta al pubblico dal 1989 per breve periodo, nel 1992 ha ospitato i primi ministri Vaclav Klaus e Vladimir Meciar per la firma dell’accordo sulla divisione della Cecoslovacchia. Dal 1994 passa sotto la gestione del Museo della Città di Brno che la promuove come nuovo landmark del patrimonio moderno del XX secolo e nel 2001 viene iscritta nella lista del patrimonio dell’umanità dell’Unesco come unico monumento di architettura contemporanea in Repubblica Ceca. Nel 2010 inizia il complesso progetto di restauro e ricostruzione.

Dopo diversi viaggi al MoMa di New York alla ricerca dei disegni di Mies e una caccia agli arredi d’epoca, la casa è oggi un’esatta riproduzione di quella originale. La ricerca dei materiali da costruzione originali, ha condotto fino a un fornitore di sabbia della Moravia, che si trova a 20 chilometri di distanza, e a una cava italiana, per la farina di marmo, utilizzata nell’impasto dell’intonaco. Un divisorio interno in ebano Macassar scomparso durante la guerra, ritenuto perso per sempre, è stato invece ritrovato a pochi chilometri di distanza alla Masaryk University, in una mensa utilizzata dalla Gestapo come un club ufficiali. Oltre agli interni originali, i visitatori potranno ammirare il panorama sulla città e visitare il piano dedicato al retroterra tecnologico, l’impianto ad aria compressa, il guardaroba «antitarme» destinato alle pellicce e agli appartamenti della servitù. Anche il giardino adiacente è stato completamente ristrutturato.

Il restauro, costato 7,2 milioni di euro (finanziati per 85% da fondi europei e per il restante 15% dal ministero della Cultura) è durato due anni, è stato condotto dalla città di Brno con la Facoltà di Architettura della Brno University of Technology e il Museo della Città su progetto di un’associazione di tre studi cechi, Omnia projekt, Archteam e Raw con l’impresa Unistav, con un approccio quasi archeologico, raro per edifici del contemporaneo e da alcuni giudicato troppo eccessivo e costoso, ed è stato supervisionato da un team di esperti presieduto dallo storico dell’arte e restauratore Ivo Hammer, marito di Daniela Hammer- Tugendhat.